Dal cohousing al social housing
Forme dell'abitare condiviso
1. L’abitare condiviso: soluzioni per lo sviluppo sociale.
Come il cambiamento sociale incide sui modelli abitativi
Negli ultimi anni, la “questione abitativa” è stata al centro di molti dibattiti in cui ci si è focalizzati sulla reinterpretazione del termine “abitare”.
Le politiche economiche e sociali hanno visto i rappresentanti del Governo e delle Amministrazioni concentrarsi sul tema al fine di fornire risposte soddisfacenti. L’obiettivo primario è stato quello di assicurare, nell’edilizia sociale condivisa, la stessa qualità propria dei modelli abitativi tradizionali presenti sul mercato.
A partire dal 1960, in Danimarca si fece strada la nuova realtà della coabitazione che riscosse un crescente successo, sino ad oggi, periodo in cui la flessibilità e la temporaneità della residenza sono caratteristiche di primaria importanza. Matura perciò una concezione dell’abitare che declina verso sfumature diverse: l’ibridazione degli spazi, la connessione e la condivisione di risorse, l’impegno sociale, le attività di gruppo e i processi decisionali partecipati.
Inoltre a causa dell’odierna situazione socio-economica si è assistito ad un rapido passaggio dalla permanenza al carattere transitorio dell’abitare. Si viene sempre più incontro all’abitudine di concepire lo spazio in modo mutevole e gli usi ad esso legati diversi a seconda delle contingenze. La flessibilità diventa così requisito fondamentale di questo tipo di abitazione e si afferma nella tipologia (offerta ampia e variegata) e nella tecnologia (sostituibilità, adattabilità delle componenti) applicate alla stessa.
Alle variazioni di natura sociale corrisponde il cambiamento della relazione tra spazi, persone ed abitanti cosicché ambienti che fino a ieri avevano una funzione precisa ed erano vissuti secondo le scansioni del tempo, divengono oggi luoghi di passaggio con funzione indifferenziata. L’articolazione degli schemi di base dell’abitare segue i cambiamenti dell’esperienza di vita del singolo soggetto rendendo così instabile e continuamente mutevole la disciplina architettonica. Questa concezione che oggi prende sempre più piede, non permette ai progettisti di seguire un modello precostituito ma li mette nella condizione di predisporre un programma abitativo che possa assumere sfumature diverse a seconda del caso.
Tra i fenomeni che hanno causato questi cambiamenti, vi sono anche la globalizzazione e la sostenibilità. La prima ha portato ad una contrazione dei tempi e ad una dilatazione degli spazi, con ritmi conseguentemente più veloci e cambiamenti nelle abitudini quotidiane. La sostenibilità invece ha messo l’utenza e i progettisti di fronte al problema del contenimento dei consumi e del risparmio energetico.
2. Coabito ergo sum: realtà interfamiliari a confronto
Vediamo ora come i cambiamenti sociali e le trasformazioni urbane abbiano spinto l’utenza a ricercare modelli abitativi differenti da quelli tradizionali. Si tratta di soluzioni di vita che tendono a conciliare la dimensione pubblica della collettività alla dimensione privata del singolo.
Eccone alcuni esempi:
- Comuni
Comunità residenziali di persone che condividono sia gli spazi che le scelte di vita. - Condomini solidali
Non presuppongono la coabitazione ma la cooperazione tra nuclei familiari indipendenti che condividono attività e valori. - Comunità territoriali
Si tratta di una realtà di dimensioni maggiori, non necessariamente legata ad un edificio residenziale condiviso, bensì ad interi quartieri in cui gli abitanti creano reti sociali e solidali. - Ecovillaggi
Solitamente sorgono nelle zone rurali, i loro abitanti scelgono risorse, cibo, cura dei bambini ed aspirano ad un ritorno alla natura ed alla vita salubre. - Cohousing
Comunità di persone aperte e libere da vincoli ideologici o religiosi, in cui coesistono spazi privati e spazi comuni. I gruppi organizzano attraverso la progettazione partecipata, l’individuazione dei servizi collettivi e la gestione delle attività interne. - Social housing
Forme di residenza facilitata entro le quali i residenti instaurano rapporti di tipo sociale e collaborativo. Oggigiorno l’housing sociale sta cambiando l’originale connotazione, interessando non più solo le fasce deboli della società bensì persone appartenenti a fasce di età variegate accomunate dall’interesse a sviluppare la socialità e a sostenere scelte in ragione della sostenibilità economica ed ambientale.
3. Cohousing e social housing: caratteri comuni e differenze
Per quanto riguarda nello specifico il cohousing ed il social housing, si tratta di modelli residenziali che aspirano a fornire all’utenza spazi “aggiuntivi” che possano essere sfruttati nei modi più svariati per creare socialità ed utilità.
Si tratta di due realtà abitative molto simili ma differenti per alcuni aspetti, che spesso vengono confuse. Per entrambe, alla base si colloca l’idea della condivisione: la scelta di sacrificare spazio privato negli appartamenti in favore di aree comuni che favoriscano la socializzazione.
Tuttavia alcuni aspetti sono differenti: il cohousing è una realtà di minori dimensioni, nasce da progetti privati di poche persone che spesso si conoscono e condividono valori ed abitudini quotidiane. Il social housing invece, nasce da esigenze di carattere prettamente economico, offre abitazioni a prezzi calmierati e si sviluppa con l’appoggio di associazioni e fondazioni di medio-grande entità. Anche la localizzazione distingue le due realtà, infatti i social housing sorgono tutti in ambiente urbano più o meno denso, mentre il cohousing può svilupparsi in città ed anche in contesti extra-urbani.
Dal punto di vista dell’iter progettuale, le due realtà si differenziano per alcuni aspetti, primo tra tutti il livello di “partecipazione” dei futuri fruitori: il cohousing pone tra i suoi cinque punti fondamentali, il processo partecipato che vede i coabitanti in una posizione paritaria ed attiva nelle scelte e nelle decisioni per l’organizzazione del cohousing.
Diversa è la situazione del social housing dove figure professionali appositamente preparate procedono alla progettazione ponendo alla base l’interesse ad appagare le necessità dei fruitori che però non possono partecipare alla fase preliminare.
Per quanto riguarda la conformazione spaziale, essa si manifesta come lo specchio del quadro esigenziale dell’utenza: mentre gli appartamenti privati risultano di dimensioni ridotte, guadagnano spazio le aree aperte comuni e gli ambienti chiusi collettivi che ospitano servizi aggiuntivi (palestre, ludoteche, lavanderie, tavernette, cucine comuni, sale relax..) e che favoriscono il risparmio individuale ed una maggiore socializzazione.
4. Cohousing: una possibile alternativa di vita urbana
Esistono varie tipologie di realtà familiari e tutte hanno una comune prerogativa: a definire“ l’essere famiglia ” è il sentimento di familiarità non necessariamente circoscritto all’ambito sociale normato.
Il termine cohousing dall’inglese “community housing”, si afferma come realtà abitativa con l’obiettivo di risolvere il problema della coesione sociale e del recupero della vita comunitaria. Nonostante le esperienze di cohousing non seguano regole rigide, vi sono alcune caratteristiche che accomunano i cohousing europei, americani ed australiani.
Prime tra tutte, la partecipazione e la progettazione intenzionale che vedono i futuri residenti attivi sin dai primi momenti dell’iter progettuale nella scelta comune del luogo in cui andare ad abitare, nell’organizzazione, e nella gestione degli spazi. Alla base si pone una struttura a gerarchica in cui le decisioni vengono prese in modo collegiale, escludendo la figura del leader.
Per quanto riguarda lo stile architettonico, simile in gran parte dei cohousing, esso prevede case o appartamenti unifamiliari, di solito dislocati lungo una strada comune o intorno ad un cortile centrale. Fondamentale importanza viene data agli spazi comuni che occupano gran parte dello spazio progettato, integrano gli appartamenti privati e vengono favoriti rispetto ad essi.
I servizi comuni assicurano vantaggi sociali ed economici, infatti anche se solitamente il costo iniziale di costruzione di un cohousing è maggiore rispetto a quello di un’ abitazione tradizionale, in un secondo momento l’utenza inizierà a notare il notevole risparmio economico grazie alla fruizione dei beni comuni (computer, attrezzi per lo sport ed il giardinaggio, auto, biciclette ecc..) ed alle scelte per il risparmio energetico.
5. Social housing: sviluppo, il caso italiano
Dall’analisi riguardante lo sviluppo in edilizia del social housing, appare chiaro come esso sia strettamente legato al cambiamento degli stili di vita e degli spazi urbani. La città muta in quanto non solo insieme di abitazioni ma luogo della socialità, sede di incontri e scambi tra gli abitanti della stessa. Si fa strada la concezione che gli spazi collettivi non trovino definizione solamente nelle piazze e nei cortili ma anche in vere e proprie porzioni di edificio che diventano fulcro del progetto di social e cohousing: sale relax, cucine comuni, ludoteche e palestre. Dunque la sfida che gli operatori sociali, economici, politici ed istituzionali devono accogliere è quella di immaginare, progettare ed ideare una risposta al bisogno casa, che tenga conto del fattore socialità come decisivo. L’alloggio sociale oggi rappresenta un servizio di interesse economico generale e deve presentare i requisiti di adeguatezza, sicurezza, salubrità, sostenibilità ambientale e risparmio energetico.
Oggigiorno, la vecchia casa popolare si è trasformata in “social house”, un’abitazione costituita da materiali naturali, che impiega tecnologie volte al risparmio energetico e che ambisce a fornire il migliore comfort termico e vitale ai suoi fruitori. Per quanto riguarda la situazione italiana, negli ultimi dieci anni si è registrata una nuova esplosione della richiesta di alloggi a canoni calmierati con un allargamento dell’utenza.
L’aumento delle spese per la casa, la precarietà del lavoro, e conseguentemente le minori entrate, ne hanno aumentato la richiesta, tuttavia il pregiudizio nei confronti del termine “social” e l’assenza di una legge nazionale in materia, non favoriscono l’affermazione del fenomeno ostacolato anche dalla normativa urbanistica che vede l’espansione come una regola che continua ad avere la meglio sulla ridefinizione e sul recupero della città esistente. Di conseguenza l’Italia presenta una percentuale bassa di edilizia residenziale pubblica, con il 4% registra la minore percentuale di alloggi di edilizia pubblica a fronte del 20% mediamente presente a livello europeo.
6. Casi studio: la realtà torinese
Negli ultimi anni a Torino si sta diffondendo tra alcuni gruppi di cittadini il desiderio di vivere in cohousing. Si tratta di un processo lento, che richiede tempistiche ed impegno non indifferenti ma che ha dimostrato di avere buon esito.
Nella scena cittadina si distinguono alcune associazioni che si impegnano per lo sviluppo e la diffusione di questa alternativa abitativa, ne è un esempio radicato l’Associazione Coabitare.
6.1 Cohousing Numero Zero – Ass. Coabitare, 2012
E’ stato il primo vero e proprio esempio di cohousing a Torino, patrocinato dal progetto “The Gate Porta Palazzo” volto a riqualificare la zona urbana.
Sito in un quartiere multietnico della città, tra vecchie generazioni di torinesi e nuovegenerazioni di stranieri, si distingue dagli altri progetti di cohousing perchè parte dalcentro urbano e dall’iniziativa di poche persone fortemente motivate.
A partire dalla ristrutturazione di una vecchia palazzina in Via Cottolengo n.2 si è arrivati oggi,alla realizzazione di un modello abitativo semplice e funzionale che oltre ad assicurare uno stiledi vita confortevole e sostenibile dal punto di vista economico, contribuisce allo sviluppo sociale.
Per quanto riguarda le scelte strutturali e tecnologiche, i progettisti si sono mossi in manieracoerente al desiderio della sostenibilità sociale ed ambientale:
- Conservazione morfologica dell’edificio storico
- Spazi flessibili nel tempo
- Distribuzione degli ambienti interni nell’ottica dello sviluppo sociale
- Accessibilità degli spazi comuni:
– due sale multifunzionali;
– un laboratorio/cantina;
– un cortile al piano terra;
– un terrazzo in quota;
– un locale tecnico.
- Scelte sostenibili:
– buona coibentazione dell’involucro;
– serramenti ad alte prestazioni termiche;
– pannelli solari termici;
– bassi consumi energetici (Classe energetica B).
- Regole condivise dai coabitanti
Ad oggi l’edificio conserva la sua vecchia struttura a cui è stata data nuova luce. E’ un riuscito esempio di coabitazione in città ed ha contribuito al risanamento lento e progressivo dell’intero quartiere.
6.2 Luoghi Comuni – Compagnia di San Paolo – Ufficio Pio
Per quanto riguarda l’edilizia sociale, negli ultimi anni si è registrato un aumento vertiginoso della richiesta di appartamenti a canone calmierato nel territorio piemontese e nella città di Torino.
Uno degli ultimi esempi concreti di housing sociale torinese è rappresentato da Luoghi Comuni, un progetto appartenente al Programma Housing della Compagnia di San Paolo con il contributo dell’Ufficio Pio. Si tratta di una residenza temporanea che occupa un’area di 2200 mq distribuita su cinque livelli fuori terra che si è posta come obiettivo la riqualificazione del territorio dal punto di vista architettonico e socio-culturale.
Il progetto è stato un vero e proprio volano per incentivare l’interazione degli abitanti del quartiere e favorire la valorizzazione dello stesso; sono state molte, infatti, le iniziative sociali e gli eventi che si sono svolti al suo interno.
Di primaria importanza sono state alcune scelte architettoniche che hanno permesso lo sviluppo e l’interscambio sociale:
- rapporto di coesione tra edificio e contesto (apertura del blocco edificato allo spazio aperto circostante);
- eliminazione dei diaframmi preesistenti e creazione di nuovi spazi di socializzazione;
- aumento della permeabilità dell’edificio rispetto al tessuto urbano in cui si colloca;
- mix funzionale di residenza ed esercizi commerciali;
- retrofit di facciata (polo attrattore).
Gli spazi dell’edificio vengono concepiti seguendo le regole della flessibilità e temporaneità cosicché si modellino sulle necessità di fruitori sempre diversi. Le aree comuni vengono progettate al fine di essere utilizzate da coloro che vivono nell’edificio ma anche dai cittadini dell’intero quartiere che percepiscono così l’housing sociale come un vero e proprio polo attrattore.
Non meno importanza è stata data all’aspetto del risparmio economico e del rispetto per l’ambiente con scelte tecnologiche sostenibili.
Infine lo studio dello spazio aperto in quota ed al piano terra ne ha permesso una rifunzionalizzazione volta a migliorare l’abitabilità e la connessione con il tessuto urbano.
Lo spazio aperto al Piano Terra
- nuova pavimentazione dell’area pedonale antistante l’edificio;
- inserimento di nuovo arredo urbano;
- demolizione e ricostruzione della manica bassa;
- inserimento di vegetazione (funzione estetica e di raffrescamento).
Lo spazio aperto in quota
- vetrata a tutta altezza in corrispondenza del ristorante;
- struttura lamellare in facciata garante di privacy ed ombreggiamento interno;
- celle fotovoltaiche inserite nei parapetti in vetro dei balconi.
Foto tratte da:
www.luoghicomuni.org – www.programmahousing.org – www.compagniadisanpaolo.it
Schemi grafici tratti dalla Tesi Magistrale di Chiara Del Core “Dal cohousing al social housing: forme dell’abitare condiviso” – Rel. Alessandro Mazzotta, Eliana Perucca – Politecnico di Torino.