Giovan Battista Piranesi
Biografia di Giovan Battista Piranesi
Giovan Battista Piranesi (1720-1778) è stato un famoso incisore, architetto e antiquario italiano, noto soprattutto per le sue incisioni di vedute architettoniche e antichità romane.
A Roma, Piranesi si appassionò per le rovine antiche e l’architettura classica. Iniziò a dedicarsi all’incisione, producendo una serie di vedute di Roma e delle sue antichità. La sua opera più famosa è la serie di incisioni intitolata “Le Vedute di Roma” (Views of Rome), che ha contribuito notevolmente a diffondere l’interesse per l’antichità romana in Europa.
Piranesi si distinse per il suo stile dettagliato e fantasioso, che spesso enfatizzava la grandiosità e la magnificenza delle rovine. Nel corso della sua carriera, produsse anche una serie di incisioni su carceri, note come le “Carceri d’Invenzione” (Imaginary Prisons), che mostravano ambienti architettonici intricati e fantasiosi.
Giovan Battista Piranesi morì a Roma il 9 novembre 1778. La sua eredità è sopravvissuta attraverso le sue opere grafiche, che continuano ad essere ammirate e studiate per la loro bellezza artistica e la loro importanza storica nel documentare l’architettura e l’antichità romana.
1720
4 ottobre: nasce da Angelo e Laura Lucchesi a Mojano di Mestre.1735 – 40
Studia con lo zio Matteo Lucchesi, architettura con Giovanni Scalfurotto, prospettiva e incisione con Carlo Zucchi. Dal fratello Angelo, monaco certosino, apprende storia romana e latino.
1740
Parte per Roma, come disegnatore, al seguito del nuovo Ambasciatore di Venezia, Francesco Venier.
1741
Inizia a incidere le piccole Vedute per editori romani.
1741-43
Frequenta lo studio dell’incisore Giuseppe Vasi.
1743
Prima parte di Architetture, e prospettive inventate, ed incise da
Gio. Batta. Piranesi Architetto Veneziano dedicate al Sig. Nicola Giobbe.
1743 – 44
Nella bottega di G.B. Tiepolo (?). A Venezia ha qualche piccolo incarico, si crede, di decorazione.
1744
Pianta del Corso del Tevere (con Carlo Nolli). Esegue i Capricci.
1744 – 46
Agente di G. Wagner a Roma: si installa al Corso, davanti all’Accademia di Francia.
1745
Invenzioni capric di carceri all’acquaforte date in luce da Giovani Buzard Roma Mercante al Corso.
1745 – 1778
Vedute di Roma.
1748
Riunisce nelle «Vedute varie di Roma antica e moderna disegnate e intagliate da celebri autori» presso il libraio Fausto Amidei, le Vedutine già incise (47 tavole su 94).
Antichità Romane de’ Tempi della Repubblica, e dei primi Imperatori, disegnate, ed incise da Giambattista Piranesi Architetto Veneziano.
Pianta di Roma nella edizione di G.B. Nolli.
1749
P.L. Ghezzi gli fa la caricatura (D2).
1750
G. Polanzani incide il ritratto di G.B. Piranesi (Dl).
1750
Opere Varie di Architettura prospettive grotteschi Antichità sul gusto degli antichi Romani inventate, ed incise da Giambattista Piranesi Architetto Veneziano raccolte da Giovanni Bouchard Mercante Librajo al Corso in Roma 1750.
Vedute varie di Roma antica e moderna disegnate e intagliate da celebri autori; nuova edizione (39 tavole su 79 del Piranesi).
c. 1750/51
Camere Sepolcrali degli antichi Romani le quali esistono dentro e fuori di Roma.
1751
Le Magnificenze di Roma (34 Vedute di Roma) pubblicato da Giovanni Bouchard.
1752
Raccolta di varie vedute di Roma si antica che moderna intagliate la maggior parte dal celebre Giambattista Piranesi e da altri incisori. Libraio G. Bouchard (47 tavole su 96 del Piranesi).
Sposa Angela Pasquini, che sembra fosse figlia del giardiniere del principe Corsini. Impiega la dote per acquistare le lastre di rame per le incisioni delle Antichità Romane.
1753
Trofei di Ottaviano Augusto Innalzati perla vittoria ad Actium e conquista dell’Egitto Con vari altri ornamenti diligentemente ricavati dagli avanzi più preziosi delle fabbriche antiche di Roma utili a Pittori Scultori ed Architetti … Si vendono in Roma da Giovanni Bouchard Mercante Libraio sul Corso a S. Marcello in Roma. 1753.
1755
Nasce la figlia Laura. Incontra Robert Adam.
1756
Antichità Romane. Opera di Giambattista Piranesi Architetto. Veneziano (4 volumi).
1757
Viene eletto membro onorario della Società degli Antiquari di Londra (D11) il 24 febbraio.
1757
Lettere di giustificazione scritte a Milord Charlemont e a di Lui agenti di Roma dal Signor Piranesi Socio della real società degli antiqùarj di Londra. Intorno la dedica della sua opera delle antichità romane fatta allo stesso signore ed ultimamente soppressa.
1758
Il 3 maggio muore Benedetto XIV. Il 6 luglio viene eletto il veneziano Carlo Rezzonico che assume il nome di Clemente XIII.
1758 o 1759
Nasce Francesco Piranesi
1760-61
Carceri d’invenzione di G: Battista Piranesi Archit. Vene. Presso l’autore a Strada Felice vicino alla Trinità dei Monti. 2a edizione.
1761
2 febbraio: viene nominato Accademico di S. Luca .
Dalla primavera si stabilisce a Palazzo Tomati, Strada Felice (l’attuale Via Sistina) presso Trinità dei Monti.
1761
Da quest’anno comincia a distribuire delle incisioni, a foglio unico, che intitola «Catalogo delle opere date finora alla luce da Gio. Batt. Piranesi». Nel foglio elenca la sua produzione che continuerà ad aggiornare nelle successive riedizioni.
Della Magnificenza ed Architettura de’ Romani: Opera di Gio. Battista Piranesi socio della reale accademia degli antiquari di Londra. Le Rovine del castello dell’Acqua Giulia situato in Roma presso S. Eusebio e falsamente detto dell’Acqua Marcia colla dichiarazione di uno de’ celebri passi del commentario Frontiniano .., di Gio Battista Piranesi. Si vendono presso l’autore presso Trinità de’ Monti, in Roma 1761 nella stamperia di Generoso Salomoni.
1762
Ottiene larghi aiuti dal papa Rezzonico per le sue pubblicazioni.
J.B Piranesii Lapides Capitolini sive Fasti Consulares triumphalesque Romanorum ab urbe condita … con dedica a Clemente XIII. Il Campo Marzio dell’antica Roma Opera di G.B. Piranesi socio della reale società degli antiquari di Londra con dedica a Robert Adam. Descrizione e disegno dell’Emissario del Lago Albano di Giovanni Battista Piranesi.
Di due spelonche ornate dagli antichi alla Riva del Lago Albano.
1763
Visita Chiusi e Corneto.
Accurata e succinta descrizione topografica dell’ Antichità di Roma dell’Abate Ridolfino Venuti Cortonese. In Roma 1763.
1764
Antichità d’Albano c di Castcl Gandolfo Descritte ed incise da Giovambattista Piranesi in Roma 1764. Frontespizio con dedica a Clemente XIII.
Blackfriars Bridge.
4 tavole per «The Works in Architecture» di R. e J. Adam pubblicato nel 1779. Raccolta di alcuni disegni del Barberi da Cento detto il Guercino. In Roma 1764.
Riceve l’incarico del restauro e della ristrutturazione dell’abside e del coro di S. Giovanni in Laterano. Esegue i disegni e il progetto, ma non l’opera. Il Cardinale G.B. Rezzonico gli commissiona il restauro di S. Maria del Priorato sull’Aventino.
1764 c.
Antichità di Cora descritte ed incise da Giovanni Battista Piranesi.
1765
Osservazioni di Gio. Battista Piranesi sopra la lettere di M. Mariette aux auteurs de la Gazette Litteraire de L’Europe, inserita nel Supplemento della stessa Gazzetta stampata Domenica 4 novembre 1764 e Parere su l’architettura, con una Prefazione ed un nuovo Trattato della Introduzione e del Progresso delle Belle Arti in Europa ne’ tempi antichi.
1765 dopo
Alcune Vedute di Archi Trionfali, ed altri Monumenti Innalzati da Romani … disegnati ed incisi dal Cavalier Gio Batista Piranesi. (Antichità Romane del 1748 con nuovo titolo).
1766
Accurata e succinta descrizione topografica e storica di Roma moderna. Opera postuma dell’abate Ridolfino Venuti Cortonese. Stampata da Carlo Barbiellini (molte edizioni fino al 1802 e 1824). In ottobre finisce i lavori di S. Maria del Priorato (D19). Il 20 ottobre Clemente XIII visita i lavori ultimati.
1767
Lavora nell’appartamento del cardinale Rezzonico al Quirinale.
È nominato dal papa, Cavaliere dello Speron d’oro. Disegna e ritrae più volte i resti di Villa Adriana a Tivoli.
1769
Diverse Maniere d’adornare i cammini ed ogni altra parte degli edifizj desunte dell’architettura Egizia, Etrusca, e Greca con un Ragionamento Apologetico in difesa dell’Architettura Egizia, e Toscana Opera del Cavalier Giambattista Piranesi Architetto. Dedica al Cardinale G.B. Rezzonico.
Muore papa Clemente XIII
1770
Da questo anno continuerà a visitare Pompei ed Ercolano.
1772
Entra in polemica con l’Accademia di S. Luca per il monumento da dedicare a Pio Balestra.
1773
Trofeo O Sia Magnifica Colonna Coclide di Marmo Composta di grossi macigni ove si vengono Scolpite le due guerre Dacie Fatte da Traiano innalzate nel mezzo del gran foro eretto al medesimo imperatore per ordine del senato e popolo Romano dopo i suoi trionfi il tutto architettato da Apollodoro… Dedica al Papa Clemente XIV.
1775/6 c.
Colonna Antonina.
1777
Visita e disegna i templi di Pesto: sono i suoi ultimi disegni.
1778
Pianta di Roma e del Campo Marzio.
Vasi Candelabri Cippi Sarcofagi Tripodi Luceme ed ornamenti antichi disegnati ed incisi dal cav. Gio. Batt. Piranesi pubblicati l’anno 1778.
Differenti viste dei resti di tre grandi edifici ancora visibili dell’antica città di Pesto, altrimenti Posidonia , situata in Lucania.
Non riesce a incidere tutte le tavole delle Vedute di Pesto: il figlio Francesco lo aiuterà a completarle.
G.B. Piranesi muore il 9 novembre nella sua casa di Roma. I funerali si svolgeranno a S. Andrea delle Fratte dove viene inumato provvisoriamente in attesa di essere sepolto definitivamente nella tomba fatta preparare per lui dai Rezzonico in S. Maria del Priorato sull’Aventino.
La famiglia commette allo scultore Giuseppe Angelini l’incarico di scolpirne la statua.
1779
A Londra è pubblicata l’opera «The Works in Architecture» di R, e J. Adam. Essa contiene quattro tavole che erano state incise dal Piranesi, su disegno di Robert Adam, nel 1764.
Da questo anno in poi prosegue l’attività della calcografia: i figli Francesco e Laura continuano a incidere. Pietro segue e controlla le vendite.
1792
Si pubblica il Catalogo generale delle sue opere.
1799
A causa di motivi politici, Francesco e Pietro emigrano a Parigi, dove continuano l’attività della Calcografia.
1800
Francesco e Pietro ristampano le opere del padre. Il Legrand prepara un manoscritto che doveva essere premesso alle opere.
1810
Muore Francesco.
1835 – 39
La casa Firmin-Didot acquista i rami incisi e pubblica le opere del Piranesi.
1839
Il papa Gregorio XVI decide, attraverso il cardinale Antonio Tosti, l’acquisto di tutti i rami della Calcografia Piranesi, che così ritornano definitivamente a Roma.
Sia permesso, in questa occasione, almeno un breve accenno alle prime date veneziane. Sulla vita del Piranesi abbiamo due punti fermi. La nascita a Mojano di Mestre, secondo l’indicazione del Canova (qui riportata nella Documentazione al Dl) e il battesimo (qui al Dio) nella chiesa veneziana di S. Moisé, l’8 novembre.
Alessandro BETTAGNO (scritti)
1720. L’atto segna, come data di nascita il 4 di ottobre. Il problema del luogo non è di grande rilevanza. Mojano di Mestre è una località non lontana da Venezia, segnata sulle carte topografiche dell’epoca e corrisponde al territorio a destra del «Terraglio», la strada che da Mestre porta a Treviso, all’altezza dell’attuale comune di Mogliano, oggi in provincia di Treviso. A.H. Mayor ha ipotizzato la possibilità che il padre si trovasse con la famiglia in terraferma impegnato – come direttore di lavori, quale in realtà era – in qualche importante costruzione: e questo spiegherebbe meglio di tutto l’incertezza dei documenti sul luogo della nascita. Un altro problema di date veneziane è dato dalla partenza e dal ritorno sulle lagune e quindi serve a precisare il primo soggiorno a Roma del giovane artista. Il Legrand, biografo molto spesso attendibile per essere stato in dimestichezza con Francesco Piranesi e la sua famiglia sia a Roma che a Parigi, riferisce la favorevole occasione di un nuovo ambasciatore che si doveva inviare a Roma e il giovane artista fu così immesso nel seguito come «disegnatore»: andando incontro al vivissimo suo desiderio di visitare la città che stava al culmine dei suoi pensieri. Questa occasione deve essere stata offerta dalla nomina di Francesco Venier che venne chiamato a sostituire il ben più noto Marco Foscarini, futuro doge e sempre scambiato come protettore del Piranesi; il che a me sembra in contrasto con la realtà, in quanto ormai l’ambasciatore Foscarini era alla fine del suo mandato. Francesco Venier risulta invece a Roma dall’ottobre del 1740 e, dalla stessa città, firma ancora un suo dispaccio del dicembre 1743. A me pare quindi che, meglio di tante supposizioni, le date di permanenza dell’ambasciatore veneto precisino la presenza a Roma del giovane Piranesi. Queste date, d’altra parte, trovano riscontro nella lettera di dedica a Nicola Giobbe del 18 luglio 1743, dove egli uova il modo di dire parlando del suo soggiorno romano: «… si va compiendo il terzo anno». A questo punto mi sembra probabile il ritorno a Venezia assieme all’ambasciatore Venier nell’inverno del 1743-44. Un altro punto sicuro della sua biografia è, infatti, costituito dalla lettera che l’artista invia da Venezia a Mons. Giovanni Bottari, il bibliotecario dei principi Corsini, spedita il 29 maggio 1744 (qui D22).
Dopo questa data non esiste altro aggancio dell’artista con Venezia: se ne va definitivamente a Roma per non tornare più sulle lagune. Il suo rapporto con Venezia è decisamente un rapporto difficile: continuerà a chiamarsi e a dichiararsi «architetto veneziano», ma questo poteva anche essere un modo per differenziarsi nell’ambiente artistico romano, e ciò concorderebbe con la posizione di isolato da lui sempre assunta. Poteva anche definirsi veneziano per gli indubbi legami di cultura e di esperienza artistica, per il suo primo avviamento agli studi di architettura e di prospettiva – proveniva da una famiglia di costruttori ed era nipote di Matteo Lucchesi – per gli insegnamenti che gli erano venuti da artisti veneziani che, come io penso, egli riscopre o meglio scopre solo al suo rientro a Venezia, prima di abbandonarla per sempre. Ma forse questa «scoperta» non è stata altro che il suo incontro con il Tiepolo. I biografi amano ripetere che Piranesi sarebbe stato alla sua scuola, nel suo studio, che avrebbe lavorato con lui. Non abbiamo dati per affermarlo: però abbiamo certe consonanze stilistiche proprie degli anni 1743-1744 che non ci fanno dubitare che l’incontro – di qualsiasi tipo fosse – fu risolutivo e determinante per il giovane Piranesi. Ci sarà occasione di ritornare e di approfondire questo problema, ma si può dire intanto che il fatto non deve stupire.
Tiepolo è la figura dominante dei mesi che il Piranesi passa a Venezia e le straordinarie capacità del pittore devono averlo affascinato. C’erano indubbiamente delle differenze trai due artisti: non però di statura. E questo deve aver facilitato l’incontro. Solo attraverso il Tiepolo, Piranesi deve avere intravisto lontani mondi rinascimentali e al di là di questi una antichità evocata con ironia più che nei suoi valori eroici: forse più affini al Piranesi. Ma ma pur sempre questo, un modo di capirsi, mentre altri artisti lagunari il giovane Piranesi deve avere sentiti estranei e lontani dai suoi sogni e dalle sue brucianti passioni. E, pur entusiasta di Palladio, deve aver subito compreso quanto grande fosse la distanza tra il maestro del Cinquecento e i pedissequi seguaci palladiani del proprio secolo. Ma non è questo il luogo per dilungarsi su questo rapporto. Interessante, invece, è la difficoltà che rimane tra lui e Venezia, d’altra parte esplicitamente dichiarata.
Fu probabilmente la vita movimentata dei figli di Piranesi, soprattutto di Francesco, che immischiato in avvenimenti politici, emigrò col fratello Pietro a Parigi nel 1799, a causare la perdita o la distruzione di un materiale ricchissimo, di documenti, di lettere, di carte. Secondo il Bianconi esisteva addirittura una autobiografia: tutto sembra andato perso. Cosicché ogni carta, ogni lettera superstite acquista un valore eccezionale e, assieme ai suoi scritti, va tenuta in gran conto. Illuminante, a mio avviso e specie per quanto riguarda i rapporti con Venezia, è la lettera citata dal Biagi in riassunto (e qui trascritta nella Documentazione al D3J), spedita nel marzo del 1778, (pochi mesi quindi prima di morire) a una sorella abitante a Venezia. In essa Piranesi fa un po’ il bilancio della propria vita e, schietto come sempre, si lascia andare a considerazioni di estremo interesse. Parla delle sue opere – a quel momento 18 volumi atlantici – che «il Santo Padre ne faceva a quando a quando acquisto per regalarle ai Principi che visitavano Roma, pagando 200 scudi per copia». Si dichiara «figlio di Roma» perché a Roma il suo talento era stato conosciuto, perché Roma con i suoi monumenti lo aveva ispirato, perché era stato fatto Cavaliere, perché aveva fatto fortuna: parla di una sostanza di «60.000 scudi, parte dei quali utilmente investiti e parte componevano i capitali, di cui la sua officina e museo si trovano forniti ». Si scaglia «contro la meschinità e l’inerzia degli italiani» del suo secolo e loda le «profusioni della Nazione inglese ». È a questo punto, dopo tutte queste informazioni, che il suo sfogo diventa ancor più importante, supera il fatto biografico, penetra nell’essenza delle cose e, per noi, vale più di interi volumi : «… Se dovesse scegliersi una patria preferirebbe Londra, a tutte le città dell’Universo ». E ancora: «… esule da Venezia, sua patria, per non aver potuto ottenere nemmeno un impieguccio… non vi farà mai più ritorno tanto più che questa città, quantunque adorna di magnificentissimi edifici e dipinti, non era teatro capace a dar pascolo alla sublimità dei suoi grandiosi concepimenti, come lo era Roma, e le altre città dell’Italia meridionale». Parole estremamente chiare e anche coerenti con le linee di comportamento dell’ormai lungo suo operare – siamo nel 1778 – e che assumono ulteriore interesse nel confronto con le idee, gli intendimenti e programmi di molti anni prima – del 1743 – quando muoveva i primi passi appena giunto a Roma.
La cultura moderna ha accentuato indubbiamente l’aspetto teorico delle sue opere e dei suoi scritti. Valga soprattutto l’esempio della lettera di dedica a Nicola Giobbe, posta in testa alla «Prima Parte… », un documento che, dopo essere stato trascurato per decenni, gode adesso di un favore giustamente riconosciuto. Potrà sembrare strano che un tale testo chiave sia stato trascurato o non preso nella considerazione come meritava. Le idee di Piranesi – aveva appena ventitre anni – sono già espresse con grande chiarezza e fanno subito capire quali siano i suoi interessi in architettura, la sua posizione polemica, la sua passione per l’architettura romana, il suo abbandono di Venezia, la limpidezza critica delle sue linee di azione.
Questo testo non trascura nessuno degli elementi essenziali dell’arte, delle idee e degli atteggiamenti piranesiani: la passione per Roma «Regina delle Città» dalle «auguste reliquie che restano ancora dell’antica maestà e magnificenza romana »; l’entusiasmo per l’architettura « l’esattissima perfezione delle architettoniche parti degli edifici, la rarità, o la smisurata mole de’ marmi… o quella vasta ampiezza di spazio, che uma volta occupavano i Circhi, i Fori, o gl’Imperiali Palagi… queste parlanti ruine…»; l’accenno agli studi quando dichiara che dei monumenti non era riuscito, prima di vederli, a farsene un’idea, nonostante che si tenesse «… sempre innanzi agli occhi» i disegni che ne aveva fatto «l’immortale Palladio»; la sfiducia «né essendo sperabile a un Architetto di questi tempi di poterne effettivamente eseguire alcuna »; la critica verso i committenti romani: «… colpa di quelli che farsi dovrebbero Mecenati »… «e sottrarla [l’architettura] all’arbitrio di coloro, che i tesori posseggono, e che vi fanno credere di potere a loro talento disporre delle operazioni della medesima »; e quindi nel pessimismo, l’unica possibilità di agire: «spiegare con disegni le proprie idee»… «l’arte di disegnare non solo le mie invenzioni, ma di intagliarle ancora nel rame». La spiegazione del Piranesi, «architetto veneziano», incisore, archeologo, sta tutta, nitida e chiara, in questa lettera.
Molta acqua è passata sotto i ponti – e non solo sotto quelli romani del Piranesi – da quando i primi pionieri hanno affrontato settanta e sessanta anni fa la mole immane dell’opera piranesiana. A. Giesecke, A.M. Hind ed H. Focillon sono stati i primi a dare l’avvio a una lunga sequenza di studi (e la bibliografia alla fine di questo catalogo ne è fedele testimonianza) che, recentemente, ha trovato una rinnovata vitalità. Per completezza di indagine filologica, penetrazione critica e larga informazione culturale, la monografia e il catalogo del Focillon rimangono tuttora validi, degni dell’intelligenza critica e capacità di sintesi del grande storico dell’arte. E giustamente, quando si è pensato di preparare l’edizione italiana dei suoi testi, nell’integrare con le novità gli apporti filologici post-Focillon, si è seguito una linea molto opportuna senza abbandonare la vecchia struttura del suo catalogo. Questa nuova edizione (a cura di M. Calvesi e A. Monferini) ha indubbiamente dato una scossa benefica agli studi piranesiani in Italia, e non solo in Italia, anche perché è servita da filtro e punto di riferimento per quanto su Piranesi era stato fatto fino al 1967. Inutile qui rifare la storia di tale lavoro, già esaminato con scrupolo e intelligenza nelle due Introduzioni, di Calvesi alla monografia e di Monferini al catalogo: desidero solo ricordare qualche pubblicazione e qualche studio più recenti.
Dal catalogo della Mostra alla Calcografia Nazionale e a quello all’Accademia di Francia del 1976, agli interventi di A. Robison del 1970 soprattutto per le precisazioni filologiche ; ai saggi penetranti di Carlo Bertelli ; alle Opere Polemiche di J. Wilton-Ely, e alla brillante sintesi di R. Bacou; alla monografia di J. Scott, ricca miniera di informazioni; agli interventi di Elena Bassi sull’ambiente cltlturale veneziano e di A. Gonzalez-Palacios sui mobili ; ai cataloghi della Galleria Colnaghi, a quelli di T. Villa Salamon; alle sottili considerazioni di M. Tafuri sull’ideologia piranesiana, fino agli studi apparsi in questo anno centenario: i cataloghi delle Mostre di Londra, di Washington e gli Atti del Convegno « Piranèse et les Français » e il saggio-monografia di J. Wilton Ely. Sono state pubblicate in queste ultime settimane e non sempre si è fatto in tempo a tenerne conto nella preparazione di questo catalogo. Ma non tutto, d’altra parte, ho potuto inserire in questa mia affrettata lista.
A duecento anni di distanza questo artista continua a interessare, a essere vivo, a trovare rispondenze anche nelle pieghe più sottili della nostra cultura. Visitare e vedere questa mostra dovrebbe servire anche a farsi un’idea e a trovare la linea ben chiara che unisce le sue varie opere in una coerenza stilistica, culturale, ideologica, dalle prime timide «Vedutine» fino alle ultime «Vedute di Pest ». La realtà vuole che le primissime e ultime sue opere siano appunto «Vedute». E proprio di questo genere di incisioni egli visse e questa fu la sua vera attività professionale che gli procurò fama e danaro. Con altre idee egli aveva lasciato Venezia, il suo vero chiodo fisso essendo l’architettura, il dibattito sull’architettura, l’utopia per un’architettura : quella idea che persegue linearmente e costantemente fin dalla «Prima Parte di Architetture e Prospettive» del 1743. E allora aveva solo 23 anni!
Ma se la consapevolezza dell’importanza e grandezza del Piranesi è abbastanza recente è forse la personalità di maggior spicco del nostro Settecento – lo è anche perché si tratta di un artista che si è mosso e che ha operato siti crinale di situazioni diverse e opposte: il mondo barocco da una parte, quello neoclassico dall’altra. Anticipatore di un interesse per il mondo antico, egli nonostante le sue anticipazioni, rimane estraneo alla poetica del neoclassicismo, trovando l’humus della sua vivida immaginazione nella spinta e nella tensione che gli offriva il mondo formale barocco e il sostegno morale e intellettuale nelle idee dell’Illuminismo.
Nell’opera piranesiana esistono tre componenti ché si possono individuare: la vocazione all’architettura, la passione per l’archeologia e la dedizione al Vedutismo. L’interessante sta nel riscontrare come queste tre componenti si intersechino, si mescolino, servano ad accentuarsi nel loro incontro per quel risultato finale che è l’opera piranesiana. Tutte e tre queste componenti poi, trovano il loro punto di riferimento – che a sua volta è l’elemento portante della sua creazione – in quella capacità di invenzione e in quella accensione barocca che della sua battaglia per l’architettura, della sua ricerca archeologica e della sua impaginazione prospettica crea sempre un risultato poetico, un «fatto d’arte».
Acquaforte
Il grande mezzo espressivo, il veicolo che servì a trasmettere le sue visioni, fu l’acquaforte, che egli usò con libertà e spregiudicatezza sperimentando e variando continuamente nei più vari modi: per noi inclassificabili. Quasi ogni opera presenta novità e sorpresa. Il ritorno più volte sullo stesso rame, già inciso, con rielaborazioni e rimorsure e l’uso variato degli inchiostri (alle volte con aggiunta di seppia) dà risultati di «colore» sorprendenti e effetti pittorici che fanno pensare alla sua radice veneta: dal nero cupo, al nero lucido, al grigio, all’argento, ottenendo talvolta, toni raffinati, vellutati. Sul frontespizio della «Raccolta di alcuni disegni del … Guercino» abbiamo potuto trovare una frase che è emblematica: «Col sporcar si trova». È il vero motto della sua poesia.
Giambattista Piranesi, architetto veneziano, fra gli arcadi Salcindio Tiseio, membro onorario della Società degli Antiquari di Londra, Socio dell’Accademia di San Luca, Cavaliere dello Speron d’oro, figlio di Roma, moriva il 9 novembre 1778, circondato dalla famiglia, rifiutando le cure mediche, chiedendo ancora una volta di leggere Tito Livio, di rivedere i suoi disegni, le sue acqueforti, i suoi rami incisi.
A duecento anni di distanza lo ricordiamo isolato e solitario nella sua grandezza, come un antico eroe fuori del suo vero tempo; dell’antichità ormai inerte egli ha saputo trasmetterci un’immagine ancora viva e palpitante; dell’archeologia ci ha dato una scienza di precisa informazione e non di vuoto romanticismo; dell’architettura ha individuato con precorrimento i termini di una crisi e ne ha intuito con anticipo il valore drammatico.
San Giorgio Maggiore, Agosto 1978
Alessandro BETTAGNO
Alessandro Bettagno (1919-2004), storico dell’arte veneziana, curatore di mostre, docente universitario, è stato l’ultimo esponente della gloriosa generazione dei grandi studiosi del dopoguerra.