JELLYFISH BARGE
Serra agricola galleggiante
Stefano Mancuso, direttore del Laboratorio Internazionale di Neurobiologia Vegetale dell’Università di Firenze, ha presentato al pubblico il prototipo di Jellyfish Barge nato da un’idea di Antonio Girardi e Cristiana Favretto (Studiomobile) e che, grazie anche alla sponsorizzazione di Veneto Vetro, ora è e galleggia sul canale Navicelli tra Pisa e Livorno.
Jellyfish Barge è una serra agricola galleggiante, in grado di purificare l’acqua salmastra o inquinata utilizzando l’energia solare. Progettata in dimensioni relativamente piccole per essere in grado di supportare due famiglie, ed essere facile da costruire, anche in difficili condizioni economiche. Tuttavia, è modulare, per cui un singolo elemento è completamente autonomo, mentre varie chiatte affiancati creano un organismo più forte e resistente.
In un pianeta dove le risorse sono sempre più scarse, come verrà prodotto il cibo di cui le comunità hanno bisogno, dove reperiremo l’acqua necessaria e dove troveremo nuove aree destinate alle coltivazioni?
Un team multidisciplinare di architetti e botanici propone una rivoluzionaria risposta a queste domande. Jellyfish Barge è una serra agricola galleggiante che produce cibo senza consumare suolo, acqua dolce e energia. Pensata per comunità vulnerabili alla scarsità di acqua e di cibo, la struttura è costruita con tecnologie semplici e con materiali riciclati e a basso costo.
Jellyfish Barge è un progetto multidisciplinare coordinato dal professor Stefano Mancuso dell’Università di Firenze, direttore del Laboratorio Internazionale di Neurobiologia Vegetale (LINV www.linv.org) e progettato dagli architetti Antonio Girardi e Cristiana Favretto (Studiomobile www.studiomobile.org).
Il prototipo funzionante, realizzato dal LINV (Università di Firenze) grazie ai vetri di Veneto Vetro e al contributo della Fondazione Ente Cassa di Risparmio di Firenze e della Regione Toscana, è installato nel canale Navicelli, tra Pisa e Livorno.
Lo scenario di riferimento
La Banca Mondiale stima per il 2050 una popolazione del pianeta vicina ai 10 miliardi di persone e una conseguente richiesta globale di cibo in aumento del 60-70% rispetto a oggi. Riuscire a soddisfare questo crescente bisogno di cibo in maniera ragionevole, senza incidere eccessivamente sulle risorse esistenti sembra essere al momento un obiettivo di difficile realizzazione, principalmente a causa della scarsità di acqua e di terreni disponibili per la coltivazione. Gran parte dei terreni potenzialmente coltivabili è concentrata in poche aree geografiche, mentre molte nazioni del Medio Oriente, Nord Africa e Asia del Sud, a elevata crescita demografica, hanno già raggiunto o sono prossimi a raggiungere i limiti della disponibilità di terra agricola.
L’agricoltura, utilizzando il 70% dell’acqua dolce del pianeta, è l’attività umana che pesa di più sulle risorse idriche esistenti. In molte aree del mondo, come in India, Pakistan e nel sud della Spagna, il crescente fabbisogno di acqua a fini agricoli è soddisfatto dall’estrazione da riserve sotterranee, consumate a un ritmo più veloce di quanto le precipitazioni restituiscano.
In molte aree del Medio Oriente, invece, l’acqua è ottenuta con energivori processi industriali di dissalazione. La scarsità di acqua e di terreni disponibili per l’agricoltura sarà verosimilmente aumentata dai cambiamenti climatici. L’innalzamento del livello del mare, per esempio, contribuirà all’inondazione con acqua salata di fasce sempre più estese di terra fertile. Questo fenomeno ha già iniziato a presentarsi con preoccupante frequenza in tutto il Golfo del Bengala.
Il progetto
Jellyfish Barge è una serra modulare costruita su piattaforma galleggiante in grado di garantire sicurezza idrica e alimentare fornendo acqua e cibo senza pesare sulle risorse esistenti. La struttura, costruita con materiali a basso costo, assemblati con tecnologie semplici e facilmente realizzabili, è composta da un basamento in legno di circa 70 mq che galleggia su dei fusti in plastica riciclati, e da una serra in vetro sorretta da una struttura in legno.
L’acqua dolce é fornita da dei dissalatori solari disposti lungo il perimetro, ideati dallo scienziato ambientale Paolo Franceschetti. Questi sono in grado di produrre fino a 150 litri al giorno di acqua dolce e pulita da acqua salata, salmastra o inquinata. La distillazione solare è un fenomeno naturale: nei mari, l’energia del sole fa evaporare l’acqua, che poi ricade come acqua piovana. In Jellyfish Barge il sistema di dissalazione replica questo fenomeno naturale in piccola scala, risucchiando l’aria umida e facendola condensare in dei fusti a contatto con la superficie fredda del mare.
La poca energia necessaria a far funzionare le ventole e le pompe é fornita da sistemi che sfruttano le energie rinnovabili, integrati nella struttura. La serra incorpora un innovativo sistema di coltivazione idroponica. L’idroponica è una tecnica di coltivazione fuori terra che garantisce un risparmio di acqua fino al 70% rispetto alle culture tradizionali, grazie al riuso continuo dell’acqua. Jellyfish Barge in più utilizza circa il 15% di acqua di mare che viene mescolata con l’acqua distillata, garantendo un’efficienza idrica ancora maggiore. Il complesso funzionamento del sistema colturale è garantito da un impianto di automazione con monitoraggio e controllo remoto.
Jellyfish Barge è stata pensata per sostenere circa due nuclei familiari, quindi è appositamente di dimensioni contenute per rendere semplice e fattibile la sua costruzione anche in condizioni di ristrettezze economiche. È modulare, per cui un singolo elemento è completamente autonomo, mentre più serre affiancate possono garantire la sicurezza alimentare per un’intera comunità. La forma ottagonale della piattaforma consente di affiancare diversi moduli collegandoli con semplici basamenti galleggianti a base quadrata, che possono diventare mercati e luoghi di incontro di una piccola comunità sull’acqua.
Il team
Jellyfish Barge sarà prodotto da Pnat srl (www.pnat.net), società spin-off dell’Università di Firenze. Il team è composto dal direttore del LINV Stefano Mancuso, dai ricercatori Camilla Pandolfi, Elisa Azzarello, Elisa Masi e dagli architetti Cristiana Favretto e Antonio Girardi, fondatori di Studiomobile. Pnat è il primo think tank nato in Italia dove si interfacciano design, scienza e biologia per studiare soluzioni creative e tecnologiche alle questioni lasciate aperte dalla sostenibilità: in un pianeta dalle risorse finite, come garantire la sicurezza alimentare, l’accessibilità all’acqua e la resilienza delle comunità ai cambiamenti ambientali?
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Coordinamento: Prof. Stefano Mancuso
Coltivazioni: Camilla Pandolfi, Elisa Azzarello e Elisa Masi
Progetto: Cristiana Favretto e Antonio Girardi
Con il contributo di:
Ente Cassa di Risparmio di Firenze e Regione Toscana
Veneto Vetro per la fornitura dei vetri https://www.venetovetro.com/
Informazioni:
www.studiomobile.org
www.pnat.net
www.linv.org