Paesaggi: concepire, analizzare e valutare
Evoluzione del concetto di paesaggio e principi generatori
Nell’ottocento il biologo Patrick Gaddes propose un nuovo concetto basato sull’equilibrio tra città e natura, ponendo così le basi per il concetto di paesaggio e di pianificazione paesaggistica come lo conosciamo attualmente.
Il principio innovatore del concetto di paesaggio viene messo in rapporto nella sua complessità e ricchezza suggerendo i caratteri estrinsechi in cui la città, che è parte di esso, si sviluppa.
Con questo principio troviamo quelle che sono le basi per la successiva Convenzione Europea del Paesaggio adottata dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa nel 2000 e firma degli Stati membri dell’organizzazione a Firenze il 20 ottobre 2000.
Art 1 comma a. “Paesaggio” designa una determinata parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni
La rapida e casuale crescita della città e dello spazio rurale extraurbano, genera delle problematiche interessanti stimolando proposte di risoluzione attraverso diversi professionisti e studiosi che pongono l’attenzione sul rapporto tra spazio costruito e aperto.
Si sviluppa così’ la necessità di salvaguardare i paesaggi, dallo sfruttamento eccessivo e indiscriminato. Tutto ciò portò l’Europa a definire quelli che sono i primi “parchi naturali” con l’obiettivo e la finalità di salvaguardia e di studio scientifico.
In quest’ottica vengono identificati e salvaguardati quelli che si definiscono i “valori panoramici e scenici” da conservare a beneficio del godimento di tutta la popolazione nel tempo. Le prime iniziative di tutela sono di carattere prevalentemente estetico, in quanto prevedevano in via quasi del tutto esclusiva la limitazione dell’uso del territorio.
Le prime normative in tema di protezione e tutela del paesaggio, furono emanate in Germania nel 1935, con i primi piani per la protezione dell’ambiente a scala urbana e regionale. Questi ultimi redatti nel 1960, mettevano in luce le caratteristiche della protezione in relazione allo studio dei suoli, dell’acqua, delle piante e degli animali in ambito urbano e regionale.
Grüne Charta
Nel 1961 in Germania, un gruppo di studiosi e personalità politiche strutturano un documento denominato la Grüne Charta che si sintetizza in 12 punti che risultano attuali nella concezione del tema generale di salvaguardia del paesaggio e sono:
- La pianificazione del territorio è scandita da leggi vincolanti su tutti i livelli di pianificazione tenendo conto delle condizioni naturali.
- Predisposizione di piani paesaggistici e piani del verde per tutti i comuni, aree insediative, industriali e piano della viabilità ed infrastrutture.
- Redazione di spazi ricreativi a giardino, libero accesso a foreste e montagne, laghi, fiumi ed altre bellezze naturalistiche e paesaggistiche; spazi ricreativi in ambito urbano sia per il tempo libero che per le vacanze.
- Sviluppare e garantire un’agricoltura sostenibile; la progettazione degli insediamenti rurali.
- Ripristino e protezione dell’ambiente naturale, del suolo, del clima e delle acque.
- Maggiori misure per la conservazione e l’uso sostenibile del verde esistente naturale o artificiale.
- La prevenzione di interventi evitabili che danneggiano il paesaggio.
- La riparazione di interferenze inevitabili, in particolare il rinverdimento delle terre desolate.
- Sensibilizzazione della popolazione al tema del paesaggio attraverso una informazione pubblica sull’importanza di esso in città e in campagna, ed i suoi pericoli e minacce.
- Istituzione di maggiore considerazione del tema di paesaggio attraverso percorsi di formazione ed istruzione.
- Ricerca di discipline ed ambiti scientifici relativi all’habitat naturale complementari.
- Disposizione normativa adeguata a promuovere e garantire atteggiamenti di vita e misurazione degli spazi congrui.
Un aspetto fondamentale della pianificazione del paesaggio tiene conto dei principi di ecologia, a tal proposito è possibile segnalare Vittorio Ingegnoli che nel suo libro “fondamenti di ecologia del paesaggio (1993)” definisce l’obiettivo principale dell’ecologia del paesaggio come: l’effetto della configurazione spazio-temporale dei processi che avvengono all’interno del paesaggio e che creano legami tra la struttura e le funzioni in esso contenuta.
Negli ultimi anni il tema del paesaggio assume una rilevante attualità, che pone come elemento principale i nuovi complessi problemi delle scelte tra le alternative all’interno della stessa sfera di tutela: problematiche di gestione, riqualificazione, pianificazione e progettazione, normativa, competenze e azioni nei confronti del paesaggio e verifica dei procedimenti di compatibilità di utilizzo del suolo prefissato.
Sulla base dei risultati ottenuti nelle realtà territoriali, sulle qualità e sul Genius Loci si potranno programmare interventi di trasformazione in linea con la compatibilità del contesto.
Analisi del paesaggio
L’analisi oggettiva considera l’insieme dei dati “oggettivamente rilevabili” siano essi biotico che abiotici, spontanei e antropogeni, che costituiscono la struttura del paesaggio.
Nessuna scienza da sola può spiegare la realtà di un paesaggio e la sua totalità; esso si presenta al contempo come un unitario e uniforme risultato di interazioni complesse; le singole analisi da condurre dunque, devono essere utilizzate e strutturate separatamente e in modo integrato al fine di individuare le relazioni tra i differenti fenomeni e approfondire l’aspetto dinamico in continua evoluzione del paesaggio attraverso l’approssimazione sistemica.
Il rilevamento dei dati territoriali, naturali e antropici viene analizzato in percorsi analitici fondamentali. I dati vengono raccolti secondo la geomorfologia, l’esposizione, la geologia, la pedologia, l’Idrogeologia, la copertura vegetale, la fitosociologia e ulteriori analisi per identificare le vulnerabilità o vocazioni del territorio per determinare usi dello stesso.
I dati antropici riguardano le attività umane da analizzare come la tipologia di residenza, gli stabilimenti industriali, le coltivazioni, i servizi, le tracce di cultura e tradizioni del luogo.
A seconda dell’importanza dell’impatto di esse sullo specifico territorio potranno essere definite “carte tematiche” che potranno essere utilizzate come elaborazioni di sintesi finalizzate all’uso che se ne vuole fare.
Per consentire una più agevole raccolta di dati sul territorio, esso viene suddiviso in zone o ambiti più o meno estesi a seconda della caratteristica della morfologia dei luoghi o delle finalità di studio.
Un metodo utilizzato è basato sull’analisi spaziale informatica. Ad esempio, l’analisi del suolo può mostrare una moltitudine di tipologie di terreni ognuno con proprietà e altitudini differenti, in base a questa caratteristica possiamo definire la stabilità o la pericolosità di erosione, oppure la capacità di assorbimento idrico e fertilità, la presenza di materiale organico che contribuisce allo sviluppo delle piante, etc..
L’analisi del suolo riveste grande importanza per la pianificazione di un sito, la sua permeabilità, stabilità o pericolo di erosione influisce direttamente sulla scelta delle fondazioni per l’edificazione, sulla produzione agricola e sulla localizzazione di attività antropiche.
L’analisi soggettiva, invece, è prevalentemente basata su un processo visivo: il paesaggio si mostra all’osservatore secondo diversi layer di lettura come: forme, sequenze, ordinamenti sensibili e percepibili, dove le considerazioni vengono attribuite al concetto di oggetto-paesaggio e derivanti dalla percezione.
Le metodologie di indagine si basano principalmente sull’analisi percettivo-visiva basate sulla valorizzazione delle “qualità sceniche” dei parchi naturali, per la riqualificazione paesaggistica dei percorsi stradali, la valutazione degli impatti visivi di nuove opere sul paesaggio e così via.
I principi fondamentali sono:
- I punti di osservazione se ubicati in posizione elevata consentono di avere una vista più ampia e condizioni di buona visibilità; da questi luoghi è possibile cogliere la disposizione e l’orientamento delle distese d’acqua, individuare il rapporto tra gli elementi naturalistici e antropici, le principali diversità del paesaggio e i maggiori insiemi paesaggistici.
- La posizione dell’osservatore rispetto ad oggetti osservati influenza i dati e le informazioni del paesaggio in modo da percepire le cose più importanti nella realtà; è perciò opportuno definire con esattezza la posizione dell’osservatore (posizione elevata, media o bassa) rispetto al quale esso è in movimento o fermo.
Nello Studio del paesaggio vengono generalmente individuate anche le visioni differenti in base alla profondità che scaturiscono dai differenti piani di percezione: primo piano, secondo piano e piano di sfondo.
Il primo piano si estende per alcuni chilometri e si distinguono le tessiture, le forme macro aggregate, si percepisce il colore degli elementi, il disordine e il degrado del paesaggio. Consentirà di leggere la tessitura del suolo e le diverse coltivazioni, la tipologia di vegetazione come arborea o arbustiva, i materiali utilizzati dalle diverse campiture.
Nel secondo piano la maggior parte degli elementi sembrano congiungersi, i gruppi di progettazione appaiono come un’estensione continua, l’occhio non coglie più i dettagli ma identifica i soggetti con chiarezza anche se isolati in base alle macchie di colore contrastanti, distingue i rapporti tra le masse le loro forme e la loro struttura. Il campo di visione si allarga e si identificano valli, altopiani, e i tratti distintivi del paesaggio stesso. Si potranno cogliere le forme delle superfici idriche il disegno degli agglomerati urbani e la diffusione e la tipologia di insediamento.
I piani di sfondo sono quelli più lontani rispetto al punto di vista dell’osservatore e in determinati casi possono apparire quasi uniformi, le componenti del paesaggio appaiono sempre meno distinte, rendendo bassa la risoluzione degli elementi percepiti.
Sarà possibile osservare la forma generale del territorio, l’estensione della copertura vegetale ecc.
Per la valutazione delle condizioni di visibilità risulta importante lo studio del bacino visivo, ovvero la porzione di territorio visibile dal luogo in cui l’osservatore si trova.
Le variabili che entrano in gioco possono essere l’orografia e morfologia del territorio che può nascondere o mascherare determinati punti a seconda della posizione e angolazione dal quale l’osservatore osserva, elementi vegetali o strutture poste lungo la linea di divisione. La deduzione implicita di tale osservazione è la visualizzazione della relazione tra l’esistente e il punto di osservazione.
A volte è possibile ampliare il bacino visivo limitato grazie a particolari corridoi visivi, ovvero quelle determinate porzioni di territorio visibili esclusivamente da un punto.
L’analisi di una prenotazione visiva del paesaggio deve essere condotta facendo riferimento a tre principali settori di indagine per apprezzare la completezza:
- Inventario è la descrizione degli elementi visibili nella porzione di paesaggio relativo al bacino visivo. Esso può riferirsi a quattro classi fondamentali di elementi che fanno il paesaggio visibile e le loro interazioni tra di loro ovvero: la forma del terreno, la copertura vegetale, i corpi idrici, le trasformazioni e sovrapposizioni antropiche, le interrelazioni tra le precedenti.
- Qualità dell’ambiente visivo.
- Vulnerabilità, ovvero la capacità fisica e formale di un paesaggio di essere propenso a trasformazioni e proposte conservando il suo carattere e le sue qualità visuali.
A tal proposito lo studio della VIA e delle recenti norme di salvaguardia integra e completa la fase di studio e analisi del paesaggio che vedremo successivamente nei prossimi articoli.
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Riferimenti
G. Oneto Manuale di Pianificazione del paesaggio, Milano, il sole 24h, 1997
K. Sale,L le regioni della natura, Milano, Eleuthera, 1991
P. Picarolo, Spazi verdi pubblici e privati, Ulrico Hoelpi Milano, 1999
Foto copertina: Silas Baisch su unsplash