Giuseppe Terragni
Scritti e anedotti
“L’architettura, indice di civiltà, sorge limpida, elementare, perfetta quando è espressione di un popolo che seleziona, osserva e apprezza i risultati che, faticosamente rielaborati, rivelano i valori spirituali di tutte le genti.”
Giuseppe Terragni
A proposito del Novocomum
Nel 1927 la società immobiliare Novocomum commissionò all’architetto Giuseppe Terragni, appena ventitreenne, l’erezione di un grande edificio ad appartamenti.
Terragni progettò un edificio d’impianto tradizionale, secondo schemi funzionali ancora legati all’edilizia intensiva d’inizi Novecento, ma rivestendolo di una veste architettonica del tutto nuova, ispirata ai modello dell’avanguardia internazionale, con elementi ripresi dal razionalismo e dall’espressionismo tedeschi, e dal costruttivismo sovietico (ad esempio il circolo operaio “S. M. Zuev” a Mosca, di Golosov).
All’inizio del 1928 il progetto venne presentato al Comune per ottenere la licenza edilizia; temendo che esso potesse venire rifiutato per la sua architettura d’avanguardia, Terragni, d’accordo con l’impresario, presentò delle tavole non corrispondenti al progetto, che rappresentavano un edificio con facciate neoclassiche. Quando la costruzione venne terminata e le impalcature rimosse, scoppiò uno scandalo, e l’ufficio tecnico nominò una commissione di esperti, presieduta dall’architetto Portaluppi, per decidere il da farsi; questa, nonostante le polemiche, stabilì che l’edificio non recava danno al decoro del luogo.
Ottenuta questa prima vittoria, il Novocomum entrò di diritto nella storia dell’architettura italiana.
Testimonianze su Terragni circa il suo modo di lavorare nello studio
“Inserendo cenni di paesaggio di particolare rilievo con le matite colorate […] lavorava con la sigaretta tra le labbra su fogli sparsi di cenere e di residui di gomma derivanti dalle cancellature che di tanto in tanto respingeva con un soffio ai margini del foglio o sul gatto che era quasi sempre adagiato sulle pratiche.”
Luigi Zuccoli
“Altre volte lo si vedeva arrivare vestito col cappotto – c’era sempre il suo gatto sul tavolo da lavoro, un tavolo da lavoro disordinato – spostava il gatto, poi, mezzo seduto, mezzo in piedi, cominciava a schizzare, a disegnare, per ore.”
Alberto Sartoris
“Giuseppe Terragni era in realtà un lavoratore instancabile, solito rintanarsi nel piccolo locale studio personale, ‘cella progettuale’. dove stava rinchiuso per ore, in compagnia del suo amato e inseparabile gatto; in continuo e accanito schizzare, sovrapponendo idea ad idea, soluzione a soluzione, isolamento che non ammetteva e consentiva interruzioni e violazioni da parte di noi collaboratori”.
Ico Parisi
“Lavorava in una piccola stanza piena di disegni e di libri col gatto che gli passeggiava fra le mani. Lavorava spesso di notte per non essere disturbato; al mattino restava a letto fino a tardi, sempre col suo fedele gattone [pare, ‘Battista’] steso ai piedi.”
Carlo Scalini
Alberto Sartoris sul comportamento di Terragni nel cantiere riporta:
“Quando arrivavano le lastre della facciata, Terragni si presentava in cantiere il mattino presto: sai, faceva mettere due cavalletti, guardava la lastra e, se aveva un difetto, con un martello la spaccava! “Perché – diceva – se dico che non va […] il capomastro: Sì, sì, Non la mettiamo! la mette da parte, ma appena giro le spalle la rimette, e una volta in opera non la si può più togliere, perché vanno giù anche le altre…”. Le spaccava; era forte ed era molto severo; aveva ragione: devono essere così gli architetti.”
Mario Radice offre questa valutazione di Terragni nel contesto del Movimento Moderno:
“Non ho più conosciuto nessuno, dopo Terragni (anche dopo Cattaneo) che riuscisse a vivere come noi vivevamo, completamente estraniati dal mondo degli svaghi, dei divertimenti, dello sport, delle gite, della villeggiatura, del riposo. Si pensava, si parlava unicamente di arte.”